martedì 26 aprile 2011

JUNIOR KIMBROUGH e LA MUSICA CHE GIRA INTORNO (MUSICA 90 SESSIONS)

Ora io non so cosa possa pensare uno che ascolta Junior Kimbrough. Magari non la prima volta, magari la quindicesima, pescandolo da un panorama di cd disseminati sul pavimento che rasenta tutto lo scibile bluesistico. Beh! Per quanto mi riguarda ho pensato un po' di tempo fa: "Mah! A me sto blues pare proprio strano. Che strano posto devono essere le colline del Mississippi". Ma finchè suoni come un forsennato in tutte le bicocche che possono immaginare di proporre del blues, mica ci pensi. Mica ci pensi che Junior Kimbrough non c'entra una beata mazza col blues. A me ci sono voluti i Tinariwen per spiegarmelo. Ibrahim (nel senso immaginifico della sua presenza) mi ha sventagliato un paio di canzoni delle Radio Tisdas Sessions e m'ha detto: "Ti ricordano qualcosa grande esperto di blues?". "Gesù bambino, ma chi cazzo suona qua Junior Kimbrough?". "No bello, non so neanche chi sia sto Junior Qualcosa, sono io che suono, ma ci sono tante altre band touaregh che hanno stò suono". E la domanda, improvvisamente, ti scrolla: "Ma come cazzo fa la musica del centro dell'Africa (Tissalit dove stanno i Tinariwen, sta proprio nel centro della pera dell'Africa) a essere finita tra le colline del Mississippi, senza che ci sia in giro per gli Stati Uniti, dalla Costa Atlantica fin lì, niente di simile alla musica di Junior Kimbrough?". Diciamo che già la domanda è qualcosa, ma per la risposta ci vuole minimo un annetto di studio da passare un po' in Italia, un po' a Essakane, Niafunkè, Bamako, Essaouira, Dakar e poi tra Oxford, Senatobia e Holy Spring. Ma io faccio il barista, mica l'etnomusicologo, perciò la risposta mica la posso trovare. La posso solo immaginare. Più che altro posso capire che se si vuole mettere la testa fuori dal blues si può rimanere travolti, per cui forse per questo pochissimi blues festival riescono a proporre qualcosa che non sia la solita rottura di marroni che rimane bella chiusa dentro i confini rassicuranti. Come dico sempre i Black Keys e i Tinariwen m'hanno rifilato una pappina  che m'ha buttato fuori dalle corde, come Firpo con Jack Dempsey, ma al contrario di Dempsey non riesco a risalire sul ring. E' Junior Kimbrough che m'ha fregato. Se non c'era lui ero ancora tranquillo a fare piripipì con l'armonica in RE sui palchi. Se non c'era lui con la sua musica uguale a quella dei Tinariwen non mi sarei chiesto perchè e non sarei impazzito su un libro come MUSICA '90: VENT'ANNI di SUONI E RITMI DAL MONDO della Allemandi Editore, dedicato alla memoria di Giampiero Gallina, fondatore, appunto, della rassegna MUSICA '90 di Torino. Dentro ci sono un sacco di reportage su musicisti che non conosco, oppure che conosco di nome, ma che non ho mai praticato, ma che sono trattati come se fossero stati pescati alla fine di una ricerca tribolata. Come se qualcuno mi dicesse: "Guarda qua c'è tutto un mondo di musica. Serviti pure!". Minchia è un sacco più bello sapere che c'è un sacco di roba da sperimentare ancora, piuttosto che sapere che c'è un sacco di roba che conosci. E' fantastico sapere che non conosci un cazzo di musica, perchè ci sono ancora un sacco di cose da conoscere. E' come non morire mai. E' bello sapere che MUSICA 90 continua, che forse un giorno andrò a Torino a vedere un po' di quei concerti, o Essaouira o a Essakane e magari, forse, tornare a Clarksdale. Finchè non li ho visti tutti non potrò morire. E' davvero bello che Gianni Buscaglione, già protagonista di A PEDATE, m'abbia annichilito quando sono entrato in casa sua con lo scopo preciso di fargli scoprire i Tinariwen. Ha aperto una porta d'un mobile gigantesco pieno di cd di musica africana e m'ha sbattuto per terra. "Ascolti musica africana? Grazie al cazzo, musica africana. Ascolti musica dei touaregh dell'Est del Mali. Tutti a parlar di musica africana, ma hai una qualche idea di quanto sia grande l'Africa e di quanta gente ci suoni?". E' bello perchè abbiamo chiamato tutto MUSICA ETNICA, dimenticandoci che forse la musica etnica è il rock'n'roll, che forse è lo stesso motivo per cui qualcuno pensa di poter fermare l'immigrazione dei paesi poveri del mondo. Come per la musica, loro sono molti di più a farla.  Mi piace pensare a Louis Mourihno che dice: "chi sa solo di calcio, di calcio non capisce niente". Tutto ciò grazie a uno che di musica non ha capito una mazza, che stava a Holy Spring e che di nome faceva Junior Kimbrough.

martedì 19 aprile 2011

GARY BURNSIDE E IO (aka L'altra Faccia del Blues)

"Marco cosa fai in questi giorni?". "Mah...Sono in ferie dal bar". " Vieni a darci una mano?". "Cosa devo fare?". "Ci sarebbe un furgone da guidare". La frase "furgone da guidare" dopo l'incidente di San Gallo della scorsa puntata mi faceva venire i brividi solo a sentirla sibilare. Eppure da Parma, che pure avevano pagato il vetro, volevano che riguidassi il furgone da Salsomaggiore a Roccabianca e poi a Pero e dopo a Malpensa. "Minchia, mi cago addosso solo a pensare di guidare di nuovo il furgone...Ma chi dovrei portare in giro?". "I NORTH MISSISSIPPI ALL STARS, solo che hanno GARY BURNSIDE al basso". "Zio appoggiato al muro mentre fa la pipì, che pensa meno male che ho trovato stò muro senno mi pisciavo addosso! I North Mississippi All Stars? Gesù Benedetto dal Signur". Che voleva dire "Sì", in pratica. Ma io non sapevo che per quanto riguarda i North Mississippi non c'era nessun problema, anche se Luther Dickinson era stato proprio in quei giorni dichiarato ufficialmente chitarrista dei Black Crowes per l'imminente tournèe americana. I North Mississippi All Stars era un gioco da ragazzi portarli in giro per uno che s'era fatto un bel po' di giri col furgone della Oracle King Blues Band. Il problema era Gary Burnside. Quel ragazzo nero era d'altra pasta rispetto a Gwelel Kumba, per esempio, e neanche parente di Eric Deaton e Justin Showah. Gary Burnside è il prototipo del ragazzo raccontato da quelli che il blues lo fotografano davvero, senza tanta poesia e razzismo al contrario. Con frase trevigiana particolarmente azzeccata, Gary Burnside, figlio di Robert Lee Burnside, è la tipica rotta de cojoni per uno "regolare" che deve fare il road manager (che sembra una gran roba come lavoro, ma è solo quello che guida il pulmino e che ogni tanto fa da intermediario quando ci sono dei problemi). Ora io non so che tipo di problemi potesse aver avuto durante la sua infanzia sulle Colline del Mississippi e che tipo di screzi con i suoi 13 fratelli e, sinceramente, non è che m'interessasse particolarmente venirne a conoscenza. L'unica cosa che, a un certo punto, mi preoccupava era che tutti i suoi traumi infantili non ricadessero sul povero road manager. Certo, gli appassionati del blues mi guardavano con una certa invidia pensando che andavo in giro in macchina col figlio di Robert Lee, ma mica sapevano che quello voleva andare a puttane a ogni ora del giorno. Certo, gli appassionati del blues ammiccano quando il neretto vuole andare a puttane, fa parte della classica iconografia del blues, ma è diverso se sei tu, nel senso di io, che ce lo devi portare. "Cazzo, ma io c'ho i soldi" e mi sventolava sotto il naso un bel pacco di euro e io gli rispondevo: "Avrai pure i soldi, ma io c'ho voglia di dormire e non ho proprio voglia d'aspettarti mentre scopi fuori dal bordello....che poi non neanche dove cazzo siano i bordelli nella Bassa...che se fosse in Svizzera magari sarebbe più facile...Cosa faccio fermo un auto della polizia e gli chiedo dov'è il bordello?". Ci siamo tontonati per tre giorni con stà storia del bordello. E poi quando gli diminuiva il priapismo cominciava la fame. Stavamo inseguendo il furgone di Omar & The Howlers per le strade attorno a Milano, che se ne perdevo le tracce ero un uomo morto, e Gary attacca che aveva fame indicandomi i Mc Donald's. "Cazzo mica posso fermarmi, che se perdo il furgone davanti siamo defunti. Questa è Milano mica Holy Springs". Minchia, un casino. Ogni due minuti mi diceva che aveva fame, finchè Luther Dickinson, in dialetto veneto mi fa: "fermate par magnare, sennò qua a diventa veramente na rotta de cojoni continua...". Sfortunatamente l'albergo di Pero non aveva la cucina aperta, così si parte di domenica pomeriggio presto alla ricerca di un posto dove trovare da mangiare. Fortunatamente l'organizzatrice, in motorino, trova un kebab aperto e fa la scorta per tutti, ma appena Gary l'ha in mano sembra stia toccando una merda. Non vuole le salse dentro al kebab e si va via in furgone nella assolata e domenicale periferia milanese fino all'emporio per vedere se gli danno solo della carne, che il ragazzo deve crescere. Poi si arriva al concerto e Gary si ritrova senza magliette pulite. Lo porto nella mia stanza e gli faccio scegliere tra le mie t-shirt. Sceglie quella del DELTA BLUES MUSEUM di Clarksdale, la maglietta che ho voluto indossare quando è nato mio figlio Emanuele. Suona con quella e, dopo una notte che riesco solo a immaginare, visto che io sono rientrato in albergo solo col fonico, mentre i fratelli Dickinson e LUI si sono aggirati misteriosamente per Pero, ma di cui ho una testimonianza palpabile osservando gli occhi sfatti del portiere di notte, la mia maglietta non riappare. Guido fino a Malpensa e poi al momento dei saluti gli faccio: "Oh! Burnside, la mia maglietta cacciala fuori sennò ti faccio diventare bianco...".  Lui mi guarda e mi fa con la faccia più da culo che abbia mai visto: "Ma è sporca, volevo lavarla...". "La lavavi in Mississippi e poi la rimandavi, vero?". Ha sbuffato, deve anche avermi mandato affanculo, ha aperto la valigia e m'ha ridato la maglietta. Ho controllato che fosse proprio quella perchè un cazzone simile è capace di farti lo scambio e rifilarti quella d'un distributore di merda di Senatobia. Poi ci siamo abbracciati e l'abbraccio mi è parso vero. Mi dicono che si ricorda ancora di me. Oltre a questo mi vengono in mente due cose. "E tu che cazzo suoneresti?". Lo guardo e gli faccio, un po' dimesso, "l'armonica". "Ah!". "Si lo so, è uno strumento di merda. Tu suoni chitarra, basso e batteria....". "Si, però io l'armonica non la so suonare....". "Mi stai prendendo per il culo?". "No è che non ci capisco un cazzo dell'armonica, comincio a suonarla e mi rimbomba  tutta in testa...Non ci capisco un cazzo". "Ma vaffanculo!". "No, davvero, dell'armonica non capisco un cazzo!". La seconda, ed è la cosa che ricordo con più piacere, è quando è entrato per la prima volta nella mia macchina. Nel lettore cd c'era la colonna sonora di "Ghost Dog" di RZA del Wu Tan Clan. Cazzo, mi piace troppo quel film e quella colonna sonora. Partiamo e Gary Burnside mi fa: "Che cazzo di roba è questa?". "E' RZA del Wu Tan Clan". Sta un po' zitto. "Però, è una figata". Sta ancora un po' zitto. "Và che stavolta m'è andata bene. Quelli che m'accompagnano di solito mettono su sempre dischi di sto' cazz'e blues. Il Figlio di Burnside, DOBBIAMO mettere del blues. Cazzo si, mi piace, però sempre blues...che due marroni...Bella roba questa...Lo capiranno prima o poi che sta roba arriva dritta dal blues...". E gira la manopola del volume. Wu Tan Clan e strade della Bassa verso Roccabianca. Una gran bella sensazione.

venerdì 8 aprile 2011

UNA STORIA MISSISSIPPIANA IN ITALIA

Questo pezzo è stato pubblicato tre anni fa nella newsletter Blouisletter di Luigi Monge. Ricordo che lo scrissi volentieri e credo che dentro ci sia un po' di blues. Lo ripropongo qui, perchè da questa storia di musica forse nascerà qualcosa di nuovo, dopo La Storia Balorda.
  
      
MEMORIE DAL PULMINO

San Gallo è una bellissima città. Un gioiellino a due passi dal Lago di Costanza. Un perfetto prodottino a marchio Heidyland. Ma è STRETTA. Vacca ladra. STRETTISSIMA. Giuda Faust. Così va a finire che in Parazelsius Strasse prendo una curva stretta. Troppo stretta. Il vetro laterale s’appoggia ad un molto-medievale muro ed esplode in mille pezzi. Però rimane su. Tutto frantumato, ma rimane su. Fortuna che avevo scaricato i ragazzi in albergo subito prima. Il primo che incontro è Gwelel Kumba che, come al solito, va a cercare un mercato in cui girovagare. “Beh! Che succede? Hai una faccia da cane bastonato…”. Lo guardo e gli faccio: “Vieni a vedere…”. Lo porto davanti al pulmino e gli indico la catastrofe laterale. “Beh?! Che problema c’è?”. “Come che problema c’è…..C’è il vetro tutto frantumato, non si vede una beata mazza e fra un po’ viene giù tutto a sentire stò rumore sinistro…..” (Il rumore sinistro è quella specie di sfrigolio che pervade i vetri frantumati. Che ti fa capire che il processo di distruzione mica è finito. Che ne vedremo ancora delle belle). “Beh! S’aggiusta…In Mississippi s’aggiusta tutto….Chiama Justin Showah. Lui aggiusta tutto. In Mississippi mica si possono permettere un meccanico ad ogni rottura. Incollano, legano…La macchina di Eric Deaton, quella che è in fotografia dietro “Gonna Be Trouble Here”, sembra nuova, ma è tenuta su dal nastro….L’ha fotografata da un po’ lontano così non si vedono le aggiunte…..Giù nel Missi sono messi talmente male che prima di buttar via qualcosa bisogna sia proprio carbonizzata…Non hanno soldi e s’arrangiano….Pensa che Justin fa andare la sua macchina con un combustibile gratuito che fabbrica con un suo amico che lavora all’Ole Miss…Il suo amico è un chimico….E lo distribuiscono anche in giro agli amici…..”. “Facciadascienziato” Justin Showah esamina il vetro, tocca qui e là. Va a chiamare L. C. Ulmer. “Sai, L.C. ha fatto il meccanico quindici anni a Chicago e di cose ne sa….Meglio che dia un’occhiata anche lui…..”. Discutono un pochetto e poi Justin Showah mi guarda e mi fa: “North Mississippi Method…..Una decina di rotoli di nastro e ce la dovremmo fare…..”. “Sì ma fra due ore hai il concerto….”. “Prima si aggiusta….Aggiustare stò attrezzo è più importante del concerto…”. In Mississippi mica scelgono il nastro così. Come fosse una sciocchezzuola. Mezz’ora dentro una cartoleria. “Vedi Marco, scegliere il nastro giusto è importante, altrimenti della macchina di Eric Deaton sarebbe rimasto solo l’abitacolo….”. Dopo due ore il vetro è bello e a posto. Gli ultimi ritocchi Justin li da sotto lo sguardo vigile di L.C Ulmer seduto sopra un muretto molto svizzero. “Beh!….Mi sembra un buon lavoro Justin, parola di L.C., ora gli puoi dare anche un pugno e questo non va giù….”. Non abbiamo fatto il test. Ci siamo fidati. Uno che fatto il meccanico a Chicago quindici anni saprà il fatto suo.

Il pulmino è tornato in Italia. Il POD di Justin ha fatto andare in continuazione blues del Delta, John Sinclair e Ali Farka Toure. Ad ogni sosta L.C. mi raccontava una storia. Sul San Bernardino, guardando il panorama ha sospirato: “Ah! Come questo posto mi ricorda la California…..Si, sì la California…..Ho fatto un po’ di anni il boscaiolo in California….Vivevo in una casetta come quella (tipica casetta Heidyland stagliata sulla montagna) e ci scaldavamo con la legna…”. Durante un’altra sosta ha guardato con nostalgia un camion con rimorchio che sostava nella piazzola. “Ah! Che rimpianto di quando facevo il camionista…..Ho girato un sacco l’America col mio truck….Che bei tempi….Ogni tanto mi fermavo in qualche locale, tiravo fuori la chitarra e suonavo….Ma suonare e cantare non è il mio forte….Il mio forte è ballare…..Una volta ballavo fino alle 4 del mattino e smettevo solo se il proprietario riusciva a far smettere le ragazze che gridavano “L.C., L.C., L.C……” perché volevano che continuassi a fare il mio numero….. Ho cominciato a ballare nel Mississippi, prima di andare a Chicago….Stavo dietro ai muli in mezzo ai campi di cotone….Tornavo, mi lavavo e andavo a ballare…..Ballare mi fa andare fuori di testa, più di suonare e cantare….”. Intanto nel pulmino prende pure forma il titolo del cd di L.C.. “Beh!….Credo che il titolo più giusto del cd di L.C. debba essere “The Vegetarian Bluesman””. Justin Showah si riferisce inevitabilmente al fatto che L.C. mangia esclusivamente insalata e frutta accompagnate da acqua naturale. “Beh! Una volta il whysky lo distillavo pure. Il miglior moonshine che potevi trovare in giro…..Jimmy Reed s’è ubriacato col mio whysky e, se fosse vivo, se non avesse bevuto tutta quella porcheria che beveva, potrebbe dirtelo: il miglior moonshine in giro….Poi un giorno un medico m’ha detto di piantarla se volevo campare ancora qualche anno….Sono quindici anni che non tocco alcolici e, tenendo conto dell’età che ho – e qui si apre un capitolo scottante sull’effettiva età di L.C.- riesco ancora a ballare e a fare esercizi fisici……Roba così – e si mette a far flessioni nel bel mezzo della piazzola di sosta – l’hai mai vista fare da uno della mia età?”. Ora, il problema verte su quale sia la reale età di L.C. Ulmer. Le fonti ufficiali differiscono su questo fondamentale tema. Secondo la scheda giratami a suo tempo da Rootsway sarebbero 82. Secondo Justin Showah sarebbero 78. Secondo L.C. Ulmer in persona sarebbero 74. Ma, fondamentalmente, chi se ne frega?

“Io prego ogni mattina ed ogni sera. Prego il profeta e mi piace pregare. Mi dà forza”. Io guardo Gwelel Kumba coi miei occhi agnostici e lui li vede esattamente come sono. “Guarda che la religione è più di credere o non credere. E’ una specie di legame in cui riconoscerti. Prendi i bianchi giù nel Sud. Sono molto religiosi. Le loro credenze morali sono molto radicate. I neri nel Sud sono violenti, socialmente si stanno disgregando. Una delle vie di consolidamento potrebbe essere la religione. Non ti dico la mia, l’Islamismo, ma ti dico una qualsiasi religione. Una qualsiasi cosa che dia dei precetti morali ai quali attenersi. Ai neri d’America mancano completamente dei precetti morali. A voi viene da ridere quando sentite il numero di figli che ha avuto Junior Kimbrough o Big George Brock. E’ qualcosa che vi appare folcloristico. Ma non capite cosa c’è dietro. Dietro non c’è nessuna idea della famiglia. Come può un nero avere un’idea della famiglia quando fino a due generazioni fa poteva essere strappato dalla famiglia stessa e portato in un’altra realtà in cui doveva ricominciare da zero, lasciandosi alle spalle tutto quello che credeva di avere costruito?. La violenza che tanto stigmatizzate nei neri sta proprio in questo. Non hanno avuto legami durevoli fino a relativamente poco tempo fa e questo si ripercuote in queste generazioni tribolate. Non ci sono regole, non c’è nulla. Io spero e prego che, finalmente, troviamo delle regole morali che ci permettano di costruire qualcosa fuori dalla violenza. Spero che alla gente nera venga data finalmente la possibilità di costruire qualcosa. E’ difficile, ma è l’unica possibilità che i neri americani hanno”.

Wallace Lester è laureato in inglese. Suona la batteria in giro per le colline, ma il suo lavoro è un altro. In realtà. “Beh! Facevo il musicista professionista a New Orleans. Poi c’è stato Kathrina e tutto è diventato un casino. Son dovuto venir via. Mi hanno offerto un posto di insegnante di inglese a Holy Spring, Mississippi. Tutti nel Mississsippi conoscono la comunità nera di Holy Spring, per cui tutti rifiutavano il posto. E’ un posto problematico. Ti puoi ritrovare con una ragazzina di undici anni che aspetta un bambino avuto da nonsisachì e tutto nella classe diventa un casino. Poi, magari, la ragazzina non si fa più vedere e, se non pensi solo allo stipendio, devi andare a cercarla. Incontri la famiglia e capisci molte cose. Il Mississippi è un posto in cui, certe volte, è meglio non approfondire troppo. E’ un vaso di Pandora al contrario. Spesso, se non vuoi ammattire, è meglio lasciarlo chiuso. Fatto stà che nessuno voleva andare a Holy Spring. Io e mia moglie, che fa la batterista-cantante professionista, siamo andati ad abitare lì. E visto che i bianchi corrono via da lì, ci è capitata una casa coloniale a prezzo da ridere. Una specie di Rowan Oak di pietra. Per ora siamo lì. Abbiamo girato gli Stati Uniti. San Francisco a fare il fattorino e a suonare, poi New Orleans e adesso Holy Spring. La cosa bella è che nel Mississippi puoi suonare un sacco di musica. Beh! Sono in giro coi ragazzi adesso, ma puoi suonare anche country and western e anche del rock. Certo nei club di Oxford non è che ti paghino tanto, ti devi arrangiare con le mance e vendendo i cd. A Memphis puoi passartela meglio, ma ho come l’impressione che qui sulle Colline ci sia proprio il cuore del cuore della musica americana. Qui, sulle Colline, mi pare non ci siano finzioni. Un cd come quello di Gwelel Kumba, Afrissippi, poteva saltar fuori solo qui. Magari mi fermo a Holy Spring un bel po’”.


Justin Showah è il capo della compagnia. Da tutti riconosciuto in quanto tale, persino L.C. lo tratta da capo. Fa il musicista professionista. Suona il blues delle colline, ma anche country and western e non pare particolarmente traviato dalle differenze intrinseche che noi europei troviamo tra i due generi musicali. Nel cervello del suo POD ci sono pure Jimmie Rodgers e Johhny Cash e li ascolta proprio con gusto. Mica spacca il capello in quattro. “Sai, se c’è una cosa che non capisco tanto bene è come mai, con tutti i figli che aveva Junior Kimbrough, chi ha imparato il suo modo di suonare meglio di tutti e ne è il prosecutore è Eric Deaton. Questo ragazzo è proprio il suo erede. A vederlo non si direbbe, ma è proprio così. Junior gli ha insegnato a suonare la chitarra e il basso direttamente al suo juke-joint. Gli metteva a posto le dita sulla tastiera. Gli ha fatto imparare l’abecedario. “Gonna Be Trouble Here” sembra proprio un disco di Junior. Sono passati un sacco di anni, ma Eric continua imperterrito sulla sua strada. Deve essere che Eric è un ragazzo tranquillo mentre tutti i figli di Junior che conosco sono degli svitatoni. Bravi ragazzi per carità, ma proprio svitatoni. Deve essere quello il segreto…..Tranquillità, baby, tranquillità….”.

Eric Deaton è proprio un ragazzo tranquillo. Da me ha imparato, e me ne sarà grato per tutta la vita, che la pizza fredda non si mangia, manco scannati. Manco se sei a un passo dal morire d’inedia. Quando c’ha fatto l’onore di salire sul palco con noi per suonare “Tramp”, alla fine, s’è scusato perché aveva sbagliato il cambio. Ora, Junior Kimbrough mica cambiava in “Tramp”. Andava dritto finchè gli pareva e poi, così, quando gli girava….”You know…I’m born lover….”. “Tramp” si suona così, dritta fino alla prima curva. E la curva la vedi proprio quando hai il guard-rail addosso. Siamo noi italiani che facciamo quattro battute e cambio….Eravamo noi ch’eravamo sbagliati mica lui. Madonna mississippiana.



martedì 5 aprile 2011

LA MUSICA CHE GIRA INTORNO (L'ANGELO CON IL FONOGRAFO)

E' un po' che non scrivo recensioni. L'ho fatto per molto tempo, ma adesso mi pare un po' ingiusto. Oppure inutile, più che ingiusto. La musica s'esprime in musica, appunto, mentre chi scrive recensioni s'esprime in lettere. La musica ha un linguaggio, la recensione un'altro. Generalmente chi scrive recensioni parla non di musica, ma del musicista, desumendo che sia il metodo migliore per traslare la musica in parole. Potrebbe essere giusto, ma il condizionale non è l'indicativo, per cui, sinceramente, non lo so. Ho scritto tante recensioni musicali, ma più le scrivevo più le accorciavo, più le svuotavo perchè sempre più mi rendevo conto che, alla fine, si dovevano ridurre a MI PIACE oppure NON MI PIACE. O ancora, in tempi di crisi economica, a DA AVERE o DA LASCIAR PUR PERDERE. Tutto il resto erano parole sprecate, per fare un po' d'esercizi di calligrafia. Ma nessuno pubblica recensioni da 5 parole: "Questo cd mi piace davvero". I dischi che compravo leggendo le recensioni del "Mucchio Selvaggio", del "Buscadero", del "Blues", alla fine, dovevano essere risolti da quelle 5 parole se dette da Massimo Zambellini, Alberto Merletti, Edoardo "Catfish" Fassio. Perchè le recensioni funzionano così: so qual'è il recensore che s'avvicina più ai miei gusti e se piace a lui piacerà anche a me. Ma i giornalisti e i giornali che ho citato vivono di una meritoria contraddizione: sono testimonianze di appassionati, di fan, e non di musicisti. Sono lo specchio della rivoluzione del blues e del rock'n'roll. Mahler e Rachmaninov non è che facessero vivere l'industria discografica e gli spartiti prima dei dischi non è che arricchissero nessuno. C'è voluto Elvis Presley, un garzone di un magazzino di materiale elettrico di Memphis, a dare la scrollata al pero e a fare boommare l'industria vinilitica con del blues mescolato al country. Robaccia da negri mescolata a redneck. A staccare definitivamente la musica dalla rigorosa preparazione musicale. A far pensare che la musica fosse una democrazia. E' stata una grande rivoluzione, che tra l'altro permette che io venga chiamato musicista anche se suono solo l'armonica e non distinguo un DO da un mulo parlante. Tutto cambia quando il desiderio di conoscere di più t'impone, per esempio, di informarti su libri come "Breve Storia della Musica" di Massimo Mila. E' certamente bello ascoltare il "Clavicembalo ben Temperato" suonato da Angela Hewitt o Gould, un altro discorso è capire davvero che cos'è "L'Arte della Fuga" bachiana. Per quanto Mila cerchi di volare basso, uno che non distingue un DO da un mulo parlante annaspa affogando nel contrappunto. Non c'è niente da fare. Per cui è innanzitutto consolatorio trovare un libro che cerca benevolmente di mettere sullo stesso piano la musica classica, il jazz, il tin pan alley e il blues di Robert Johnson, in quanto tutte espressioni di un certo, pari ambiente culturale. E' il fonografo di Edison il mezzo per cui tutto ciò avviene e "L'Angelo col Fonografo" ne è l'impagabile bibbia. "Si trattava di John Hammond. I suoi viaggi di perlustrazione in America, servirono a scovare tesori quali Bessie Smith, Count Basie, Teddy Wilson, Billie Holiday e, più tardi, Aretha Franklin e Bob Dylan. Se Gaisberg, però, incideva soprattutto musica scritta e in un certo senso quindi già "registrata", Hammond andava invece alla ricerca di una musica pienamente librata in volo, di una tradizione orale impossibile da fissare nei suoi elementi essenziali. Impossibile da "registrare" quindi, se non per mezzo del fonografo". Evan Eisenberg in questo libro apre di fronte a quelli non distinguono un DO da un mulo parlante scenari meravigliosi, ciò che non si sarebbe mai immaginato a proposito della musica. "Alla mia generazione si può forse perdonare un certo risentimento verso Glenn Gould, "colpevole" a nostri occhi di aver abbandonato il palcoscenico prima che ci fosse data l'opportunità di sentirlo dal vivo. A dire il vero, all'epoca eravamo troppo occupati ad ascoltare i suoi dischi per accorgercene. Le sue incisioni ci mostravano che la musica classica non era tutta compiacimento e decoro, abiti da sera e volontà di compiacere il proprio insegnante; poteva essere spigolosa e solitaria, eccitante come una scatola del piccolo chimico, una partita a scacchi o lo scroscio della pioggia sul parabrezza". E' l'inizio di un capitolo dedicato a Gould che se avessi letto prima avrebbe fruttificato un paio di stagioni in anticipo. Evan Eisembreg è un uomo dalla cultura straordinaria ed è un uomo straordinario perchè tutta la sua cultura è lieve come dovrebbe essere stata la manna sopra al deserto. "L'angelo con il fonografo" è il più bel libro di musica e sulla musica che abbia mai letto, tanto che mi andrebbe di citarvelo tutto con i suoi personaggi fuori dal mondo. Ma raccontarvelo tutto vi toglierebbe il piacere di aprire il coperchio dello scrigno, del "Musical Box". E il piacere della scoperta è proprio impagabile.