mercoledì 25 gennaio 2017

PERCHE' NON SOPPORTO I 5 STELLE

Sono nato nel 1962, in Svizzera. I miei genitori erano emigranti e da dove venivano non c'era una lira. Tornarono nel 1967 perchè, finalmente, anche per chi non aveva un'istruzione - i miei non l'avevano - pareva esserci una possibilità, ciò semplicemente perchè la classe politica che governava - per quanto criticabile e, a proposito di propensione alla critica, io ero figlio di comunisti in un territorio bianchissimo - bisogna riconoscerlo, un poco di buon lavoro keynesiano l'aveva fatto.
Diventai appena adulto nel mezzo dei dibattiti politici per il referendum sul divorzio e, soprattutto, per il mantenimento della legge 194 sull'interruzione di gravidanza (legge del 22 maggio 1978, sottoposta a referendum nel maggio 1981).
Fu il momento in cui m'avvicinai alla politica e cominciai, per un poco, a frequentarla.
In quel poco tempo ammirai le qualità delle persone - anche agli antipodi delle mie opinioni - che s'occupavano di politica, soprattutto per il livello culturale che stuzzicava l'emulazione e la capacità di dare pazienti spiegazioni, inoltrandosi in un campo che oggi potremmo definire di "pensiero laterale".
Non proseguii perchè ero giovane e pieno di desiderio d'esperienze, ma già d'allora quelle persone mi dimostrarono che la politica richiedeva notevole cultura, incondizionata dedizione e capacità analitiche e di contradditorio particolari, lontane anni luce dal pensiero unico, e più vicine semmai al pensiero vincitore - scaturito da lunghi dibattiti e implementazioni dirette nel tessuto connettivo di ciò che accadeva intorno.
Quelle persone, nonostante non ci siano più e appartenessero a uno schieramento molto diverso, continuo ancor oggi ad ammirarle: per lo stimolo d'apprendimento e di confronto che mi fornirono.
Ovvio pertanto che oggi mi ritrovi in grossissima difficoltà di fronte a chi sottopone il vaglio - unico, incontrastato e indiscutibile - d'ogni comportamento a un'entità superiore che non si capisce bene da dove abbia attinto la capacità di stare così in alto.
C'è da credere che provenga direttamente dall'Empireo, vista e considerata la deferenza incondizionata con cui gli adepti si rivolgono alla Deità e visto come ogni comportamento del Dio sia ritenuto giusto e indiscutibile - l'immaginabile riferimento a ratifiche su una piattaforma web che immancabilmente testimonia percentuali bulgare, inutile cianciare, è un'aggravante.
A questo proposito mi sovviene "Breve Storia dei Mormoni" contenuto nell'Appendice de "In Cerca di Guai" di Mark Twain (Biblioteca Adelphi) che spiega gustosamente come possa essere scaturita una religione dal nulla - o dal quasi nulla.
E' anche ovvio che mi ritrovi in grandissima difficoltà quando un partito politico elabora, o, più propriamente, fa rimbalzare, una qualsiasi strategia - sulla legge elettorale, sul comportamento in sede europea, sui fenomeni migratori - e la consideri l'unica possibile e indiscutibile, scevra da ogni confronto con chi si voglia, pena la corruttibilità del pensiero puro, fino - ovviamente - a nuovo ordine.
E' ancora più ovvio che mi ritrovi in difficoltà quando si spiega la grande crisi economica di questi anni colla parabola illuminante del "Bar della Signora Rosina" - che riesco facilmente a immaginare da dove sia scaturita e come sia approdata in casa mia - quando ho passato gli anni forse migliori della mia vita sui libri d'economia e sulle regressioni matriciali sull'attendibilità d'un modello economico. Così tanto da poter ipotizzare che la crisi d'oggi, cosiccome la perdita di potere d'acquisto derivata dall'introduzione dell'euro, derivi dall' "illusione di ricchezza" - un prestito per ogni cosa e gran bella vita - degli anni '90 e dallo scotto che l'Italia ha pagato per le continue politiche svalutative a sostegno dell'esportazione.
Per non parlare di quando poi chi non t'aspetti - un cuoco, un cameriere, un verduraio - salta fuori e comincia a dissertare sul signoraggio bancario e rimani a bocca aperta. Allora torni a casa e prendi in mano uno dei libri d'economia marginalista e cerchi finchè trovi la formulazione matematica del fenomeno in questione, che è poi il prodotto tra "il tasso di crescita istantaneo della base monetaria" e "il valore reale della base monetaria". Scottato dalla tua ignoranza passi un pomeriggio - nonostante il pezzo di carta che testimonia la tua esperienza nei temi in questione - a cercare di districarti tra quelle formule, senza riuscire a capacitarti di come accidenti abbia fatto a scaturire quella scintilla nella testa del tuo inesperto interlocutore, se non riallacciandoti alla "Breve Storia dei Mormoni" di Mark Twain buonanima.
E' sempre più ovvio che chi - come me - è cresciuto fin dalle elementari coi disegnini dell'Europa Unita appesi alle pareti della classe si trovi un tantino stranito quando chi s'offende a sentirsi dare del retrogrado, perchè più progressista dei progressisti, propone d'uscire dall'euro, perchè l'Europa è il Grande Male piuttosto che un Grande Progetto a cui tendere e da migliorare in qualche modo.
Ma poi, più di tutto, contano molto gli atteggiamenti e i movimenti del corpo.
Nel luglio del 2016 ero a Trani per partecipare a "StraniIncontri" un gran bel festival letterario.
La sera dopo il mio intervento mi sono trattenuto per godere della bellezza della città, la compagnia delle persone e per partecipare come spettatore a un casuale evento della rassegna.
Là veniva presentato un libro di Chiarelettere, "Matteo Renzi - Il Prezzo del Potere", con la partecipazione dell'autore, un giornalista del Fatto Quotidiano, e d'una consigliere regionale del Movimento 5 Stelle.
Nulla da eccepire sul libro - non sono affatto un sostenitore di Matteo Renzi pur essendo - per disperazione - un elettore del PD - quanto piuttosto ho avuto da ridire sulle figure che mi si paravano davanti.
Il giornalista pareva la copia di cera di Marco Travaglio: stesso atteggiamento, stesso modo di parlare, identica attitudine alla replica, medesima gestualità. Quando sottolineo stesso e identico, intendo proprio il reale significato dei due aggettivi: come se sulla sediolina fosse seduto il direttore del Fatto, piuttosto che un'altra persona, e come se l'avvicinarsi il più possibile al modello fosse l'obiettivo precipuo del giornalista.
Per non parlare poi del consigliere regionale che - ad ogni domanda - guardava l'interlocutore con quell'odiosa aria di superiorità che indossano quelli che ritengono d'essere puri e infallibili, riservando ad ogni questione la medesima risposta: "Noi 5 stelle abbiamo già proposto questo, quello e quell'altro ancora".
La signora assurta allo scranno grazie alle consultazioni del web possedeva l'invidiabile certezza che quanto concionato fosse la panacea di tutti i mali cogniti, incogniti e imperituri, come se il mondo non cambiasse ogni cinque minuti e ogni cinque minuti non fossimo costretti a interrogarci su noi stessi.
E' questa certezza di perfezione che mi porta a diffidare del Movimento 5 Stelle più di chiunque altro. Della loro sbandierata purezza, delle loro formule economiche che improvvisamente appaiono dal nulla e che gli adepti sostengono senza capire un'ostia d'economia e senza cercare d'approfondire un poco, della certezza d'essere "la parte migliore del paese" che li fa apparire la cosa più vicina al fascismo che io abbia mai incontrato.
Sottolineo alla fine - conoscendo bene i meccanismi - che non sono un massone, nè appartengo alla stampa ostile e neppure milito, pur essendomi macchiato della grave colpa d'averlo votato considerandolo il minore dei mali, nel famigerato PD.
E' tutto.